Il Confine

Per un disguido ci stacchiamo dal convoglio che da Kampala ci sta portando in Ruanda per una missione di recupero di 100 bambini e ragazzi, feriti in una guerra senza precedenti. Maria Pia Fanfani ed io ci troviamo, al tramonto, ancora in Uganda a fare autostop, perché rimaste senza benzina. Arriviamo a Kabale, compriamo taniche, recuperiamo il nostro autista con la sua vecchia Range Rover. È una notte stellata, il nostro accompagnatore, la guardia del corpo personale del presidente ugandese, ci lascia al confine, oltre non può proseguire. La zona di guerra è di là, oltre la sbarra.

Due donne sole che varcano il confine, quel confine che nemmeno organizzazioni internazionali riescono ad oltrepassare, fanno sì che chiamino il comandante di frontiera. Scende con la sua torcia a salutarci, qui non c'è luce elettrica, non c'è telefono: è già in pigiama.
Riconosce Mariapia e corre ad infilarsi una giacca nera per darsi un aspetto più conforme alle circostanze. Ci dà chiare e precise indicazioni per passare dall'altra parte, in Rwanda, dove con le radioline potranno contattare il comando generale dell’F.P.R. ed avvisare del nostro arrivo.
Ho voglia di sgranchirmi le gambe, desidero attraversare a piedi la zona neutrale, anch’io ho la mia piccola torcia. Non è concesso chiaramente, ovunque potrebbe essere nascosto un miliziano pronto a ferire. Eppure non ho paura, ormai sono giorni che aspetto questo momento: è come quando decisi di sperimentarmi sui carboni ardenti. Paure, riserve, paranoie, no, non servono.
Una lunga espirazione e via, la mente tace, nessuna ustione. Il Mistero. Mistero. Ed ora eccoci di là.