La missione di Nyanza

Verso le ventidue arriviamo alla missione, ore e ore di viaggio estenuante: e qui un'accoglienza freddissima. Va bene che l'acqua è preziosa, ma almeno un bicchiere di quella bollita avrebbe potuto esserci offerta. Sul cancello, all'entrata, AMBASCIATA D`ITALIA e sotto CONSOLATO D`ITALIA. L’asta con la bandiera tricolore, la vedremo poi il mattino dopo, quando torneremo per comunicare al sacerdote e al medico il nostro disagio per la loro accoglienza, e per scattare alcune fotografie.

Ma perché tanta freddezza? Non abbiamo bambini feriti, dicono, solo problemi di acqua e di benzina. Non capisco. La guerra, si sa, mette i nervi a dura prova, ma… E le accuse di poi?
Ma Cristo dov'è? Che abbia lasciato il Rwanda? Eppure ho visto tanti soldati pregare, offrirci del cibo, il loro letto, piangere con noi!
Mariapia è ammalata ha la bronchite, la sua mano è calda. Qui alla missione non ci offrono ospitalità.
Dormiremo ancora una volta tra i soldati, all'accampamento, in una camera ancora con i vetri rotti. Nyanza è da poco stata liberata. Qui ci offrono una cena calda, ma chi ha fame?
Siamo sfinite, barcolliamo dalla stanchezza, un letto singolo dalle lenzuola pulite, e noi due dentro, vicine, vicine.