Contrasti, ferite profonde
Ancora
pochi chilometri ed ecco la prima lunga, interminabile fila di
profughi. Ci fermiamo tra loro, ci guardano attenti, allibiti, poi
subito alcuni sorridono e il sorriso è amore, semplicità di cuore.
Esito
a scattare le prime foto, le ultime parole di un sacerdote di casa
sul portare la sofferenza in immagini sono presenti nella memoria. Ma
più proseguo, più il dramma si intensifica, più la ferita di
quest’Africa diventa profonda, più la volontà di tornare con
testimonianze per denunciare e sensibilizzare prende il sopravvento,
e quelle parole sentite si attenuano e tacciono. Altre figure si
accostano, gli amici di casa, quelli che mi porto dentro e a cui
ricorro nei momenti di angoscia, di scoraggiamento. Una figura
soprattutto si affianca, un punto di luce che avidamente interiorizzo
e a cui resterò aggrappata per tutto il resto del viaggio, presenza,
“trait d’union” con il Divino, grazie.